TRE SPICCHI MICHELIN ALLA PIZZA CASERTANA
I MASANIELLI ALLA RIVOLUZIONE DELLA PIZZA. POKER DI ECCELLENZE CASERTANE PER UN PIATTO CHE UNA VOLTA ERA POVERO E ORA SI VESTE DA RE. MA IL “SAPORE SOCIALE” CHE NON C'E' PIU'??
Sarà la presenza della Reggia Vanvitelliana, ma arrivata a Caserta la pizza s'è trasformata da Cenerentola a gran dama. La zucca è diventata lussureggiante carrozza tirata da quattro cavalli di razza: I Masanielli e Casa Vitiello a Caserta, Pepe in Grani a Caiazzo e la Contrada ad Aversa. Tutti a tre spicchi (come fossero tre stelle) nella speciale classifica pizzaiola della guida Michelin.
Che Caserta da eterno satellite e suddito di provincia napoletana s'avviasse nientemeno che a fare la rivoluzione dei “Masanielli” fino a detronizzare il Re e a incoronarsi Regina della pizza nessuno l'avrebbe detto, ma oggi è realtà. Ma del vero Masaniello in verità poco è rimasto.
La pizza casertana non ha più la dimessa veste stracciona che ne ha fatto nei secoli un simbolo e la capopolo di uno stile culinario assai popolare, che si pagava quando si poteva (la pizza a otto giorni), che sostituiva il pasto che non si poteva fare, fatta di ingredienti semplici, economici, abbondanti ed alla portata di tutti: pomodoro, fior di latte, olio e farina e qualche condimento a buon mercato. Oggi è sempre più gourmet, addobbata come una matrona di gioielli, di ingredienti certo nostrani ma raffinatissimi e ricercati.
E allora dov'è finito il suo sapore sociale affogato e confuso nella sperimentazione, nella corsa a livellarla sempre più in alto, nella competizione da chef che l'hanno portata lontana dai vicoli e dai forni degli scantinati, rimarrà da qualche parte forse nella “resistenza” della pizza semplce sempice di “Michele” a Napoli ? risorgerà l'anima popolare ?
Si sa che fine fece il vero Masaniello: spogliato di stracci fu rivestito con abiti lussuosi in cui si sentiva goffo e impacciato. Fu un tranello psicologico che lo condusse a rinnegare e violentare se stesso e la sua anima, e forse fu causa della sua follia.
Sarà la presenza della Reggia Vanvitelliana, ma arrivata a Caserta la pizza s'è trasformata da Cenerentola a gran dama. La zucca è diventata lussureggiante carrozza tirata da quattro cavalli di razza: I Masanielli e Casa Vitiello a Caserta, Pepe in Grani a Caiazzo e la Contrada ad Aversa. Tutti a tre spicchi (come fossero tre stelle) nella speciale classifica pizzaiola della guida Michelin.
Che Caserta da eterno satellite e suddito di provincia napoletana s'avviasse nientemeno che a fare la rivoluzione dei “Masanielli” fino a detronizzare il Re e a incoronarsi Regina della pizza nessuno l'avrebbe detto, ma oggi è realtà. Ma del vero Masaniello in verità poco è rimasto.
La pizza casertana non ha più la dimessa veste stracciona che ne ha fatto nei secoli un simbolo e la capopolo di uno stile culinario assai popolare, che si pagava quando si poteva (la pizza a otto giorni), che sostituiva il pasto che non si poteva fare, fatta di ingredienti semplici, economici, abbondanti ed alla portata di tutti: pomodoro, fior di latte, olio e farina e qualche condimento a buon mercato. Oggi è sempre più gourmet, addobbata come una matrona di gioielli, di ingredienti certo nostrani ma raffinatissimi e ricercati.
E allora dov'è finito il suo sapore sociale affogato e confuso nella sperimentazione, nella corsa a livellarla sempre più in alto, nella competizione da chef che l'hanno portata lontana dai vicoli e dai forni degli scantinati, rimarrà da qualche parte forse nella “resistenza” della pizza semplce sempice di “Michele” a Napoli ? risorgerà l'anima popolare ?
Si sa che fine fece il vero Masaniello: spogliato di stracci fu rivestito con abiti lussuosi in cui si sentiva goffo e impacciato. Fu un tranello psicologico che lo condusse a rinnegare e violentare se stesso e la sua anima, e forse fu causa della sua follia.
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