FEDERICO AVELLA. COMMIATO
IO LO CONOSCEVO BENE (QUANTO BASTA) > UN INDIMENTICABILE GIULLARE ALLA CORTE POLITICA > SCOMPARE - FEDERICO AVELLA - UN CASERTANO FUORI (E DENTRO) DAL "COMUNE.
Forse non lo conoscevo meglio di altri, ma abbastanza per dire che mancherà a molti, a moltissimi. Un uomo speciale e diverso, ma non per il fatto di essere costretto ad una sedia a rotelle, perché della disabilità Federico faceva un uso quasi disinvolto, essendosi creato un proprio”territorio” che “marcava” con la sua presenza ed il suo arringare chiunque gli passasse nei dintorni, in cui si muoveva con tanta agilità che te lo vedevi spuntare d'improvviso, mai solo e mai in silenzio.
Un territorio tutto raccolto attorno alla casa comunale, il vero epicentro della sua attività “civica” quasi di sentinella del vivere sociale e politico casertano, ma anche qualcosa di più, come diremo. Uno spazio tra il bar di via Crispo (“via dei pesciaioli” per i vecchi casertani come lui ) , suo vero ufficio di pubbliche relazioni, e l'ingresso di piazza Ruggiero della casa comunale, col suo viavai di dipendenti, di assessori e consiglieri, per tutti i quali, incredibile, aveva una parola, una freddura, un rimprovero o un consiglio, una stilettata sarcastica, per lo più, che era la sua vera cifra.
Perché di uomini, fatti e cose a Caserta Federico ne sapeva moltissimo, forse troppo come lui stesso sorridendo diceva. Mi disse dei suoi trascorsi politici, delle sue conquiste e delle sue delusioni. Sempre pudico sulla vita privata ti “deviava” contento sul suo “navigare” nel mar sempre tempestoso della politica casertana ( ma che seppe anche essere a tratti nobile e appassionata si indovinava), ora da dentro, ora da fuori come spettatore, ma che spettatore ! Era facile farne un fiume in piena di racconti e “zelle” politiche, o di costumi e malcostumi casertani, di storia e di storie, che lui sfogliava nella sua mente di “memoria storica” casertana, di testimone del tempo e dei tempi.
Ma indimenticabili nella mia memoria, ed in quella di molti, erano le sue incursioni in consiglio comunale, il suo vero palcoscenico, la sua “assemblea alla rovescia” in cui si piazzava in fondo al centro con la sua carrozzella e sembrava quasi essere un presidente in pectore che seguiva e dirigeva il consiglio lanciando strali comici e sarcastici ora a questo ora a quello, sempre a voce alta, sempre ieratico e sentenziante.
Ed allora ti stupiva che nessuno reagisse, che ognuno stesse al gioco come per convenzione generale, come se la “cattiva coscienza” che Federico “rappresentava” fosse il suo scudo invisibile, la sua licenza di “infierire” sempre sul bordo della critica politica da cui sapeva sporgersi fino a perdere quasi l'equilibrio per poi sempre rientrare, tra una risata generale e qualche faccia scura.
Ed era allora, che anche se in carrozzella, Federico sembrava alzarsi in piedi e danzare come un “buffone di corte”, quelli della grande tradizione storica, coloro ai soli era consentito dire cose a cui ad altri non era neppure dato pensare, quelli che riuscivano a squarciare il velo della verità camuffandosi dietro la “lucida follia”, e la davano in pasto al popolo.
E parlava col suo linguaggio caustico e consapevole, tramutando in riso (spesso amaro) le sedute spesso stanche ed inutili di consiglio comunale, gli interventi spesso banali e vuoti di assessori e politici, le votazioni scontate e concordate dietro cui si celava la impotenza politica di fronte a i grandi problemi insoluti delle Città. Per poi lasciarci sempre la sua scostumata e colorita lettura “in filigrana” dell'accaduto e della cronaca politica, nei corridoi bui del palazzo e appena fuori l'uscita sulla piazza o nel suo “bar”.
Federico era il nostro grande e insostituibile Yorick, la nostra “cattiva coscienza” tramutata in amara consapevolezza, era quella voce di speranza che si faceva spazio dietro le magagne e l'inconcludenza della politica.
Federico era Caserta, nel suo modo più nobile e più popolare allo stesso tempo. Spenta la sua voce si spegne una luce su quella sala comunale sempre malamente illuminata, che solo lui in certi momenti ha saputo, dalla parte del casertano qualunque, rischiarare con la sua amabile “follia” la sua sboccatissima strafottenza.
Sarai lassù, Federico, a “sfottere” anche il Padreterno ? E quando sentiremo qualche tuono su Caserta vorrà dire che stai facendo sbottare pure i santi ? Ci strapperai allora ancora un'altra risata, sempre l'ultima.
Arrivederci amico mio, amico e anima di Caserta.
claudioGuarino
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